MotoGP, Valencia: l’ultima volta del “piccolo camomillo” di Sabadell

Ogni anno, sempre uguale. Si arriva a Valencia, dove finisce tutto, dove il motomondiale saluta tutto quello che lo compone: tifosi, autodromi, piste, velocità, gare, rivalità e corpo a corpo, per iniziare una sosta che durerà fino ai primissimi test del nuovo anno, a febbraio, alternando storie brevi a carriere intere di pochi “eletti”. Una Valencia fatta di lotte, sorpassi, vittorie e mancati successi iridati, come un colpo di fulmine, come una saetta improvvisa.  Tra questi, c’è stato sicuramente Daniel Pedrosa.

Perché Dani sa quel che ha dato, al di là delle vittorie e dei titoli mondiali. Sa cosa ha perso, conquistato e quel che avrebbe potuto conquistare. Valencia e Pedrosa sono legati da un rapporto difficile, complesso, incompleto, come il suo percorso iridato in classe regina. Ma un rapporto leale, legato a un filo di passione, di romanticismo sportivo, perché questo è stato Pedrosa: il pilota di Sabadell, alto 158 cm, in grado di vincere e lottare tra i migliori piloti al mondo, con moto da oltre 200 cv nonostante il suo fisico apparentemente non in grado di competere. Magari non verrà ricordato come un tipo appariscente, sicuramente no. Ma ha condiviso un decennio in Moto GP con gente come Valentino Rossi, Jorge Lorenzo, Casey Stoner e Marc Marquez, stando stabilmente tra i migliori e calando – questo sì – solo negli ultimi anni. Domenica darà l’addio alla motoGP. Una favola mondiale, una favola sportiva, e a Valencia finirà tutto, nella maniera più dolce e leale possibile.

Domenica darà l’addio alla Moto GP e al mondo delle corse. E lo farà in sella alla sua Honda, così come aveva iniziato. 3 mondiali, 54 vittorie, 153 punti, 294 gare, 49 pole position, 64 giri veloci e 4151 punti fa.

 

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