Lo strano caso di Ugo Magnetto

Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported. Ambrosiana Inter - CC, luiginter (Filckr)

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Ambrosiana Inter – CC, luiginter (Filckr)

La vita che state per conoscere (o riconoscere) è come una foto in bianco e nero dove i contorni dei soggetti sono sbiaditi e la carta sta assumendo quelle tinte giallognole, regalo del tempo che non si ferma.

Ci piace pensare che le sfumature siano confuse perché il protagonista andava veloce: ottimo corridore degli 800 e dei 10.000 metri, dei quali detenne il record nazionale juniores fino al 1970, si dilettava nel nuoto di fondo (ne sono testimoni le sue famose traversate intorno all’isola Gallinara, del Golfo Rapallo-Savona e anche della Senna) ma lo sport che più degli altri amava era il calcio.

Ugo Magnetto correva molto e di professione faceva l’ala.

Magnetto viene alla luce a Borghetto Santo Spirito (in provincia di Savona) il 26 novembre 1902 e, fin dalla nascita, viene accompagnato dal sordomutismo.
Intraprendente, una vita per lo sport, con una determinazione che potrebbe rappresentare il più grande messaggio per le nuove generazione. “Potrebbe” perché la verità, su quei contorni sgranati nell’immagine, è che Magnetto sta finendo nel dimenticatoio.

Calcisticamente, il borghettino, muove i primi passi per la strada nell’attuale Piazza della Libertà sita nella città ligure.
Poi l’ Albingauna (allora squadra principale della vicina Albenga) si interessa presto a lui e riusce ad ottenerne le prestazioni fino alla stagione 1928, anno in cui si trasferisce all’ Imperia.
I nerazzurri compiono cinque primavere e, grazie anche alle prestazioni della nostra ala , vengono promossi in Prima Divisione (in sostanza la Serie C1 dell’ epoca).
L’ Imperia ha sempre mantenuto una buona tradizione pallonara; anche se nei 91 anni di storia non ha mai oltrepassato la terza categoria più importante del nostro panorama calcistico,  ogni volta è amata da un pubblico che la segue fedelmente anche ora che naviga nelle zone medie dell’Eccellenza ligure.

In questo scenario, Magnetto, si mette in mostra per rapidità e forza fisica, che unite ad una grande astuzia, lo lanciano nel calcio che conta. Il mercato regolamentato sotto ogni aspetto, come lo conosciamo noi, farà la sua comparsa soltanto negli anni ’50, e quindi già a marzo del 1931 può essere acquistato dall’Ambrosiana Inter, campione d’Italia l’anno prima. Peraltro in quel periodo i giocatori, generalmente, venivano arruolati dalle società cittadine o al massimo delle regioni confinanti. Era difficile vedere grandi spostamenti spaziali: sia perché i mezzi non erano quelli attuali sia perché il calcio comportava un vero sacrificio, prima di tutto economico, per gli atleti.

Il nostro Magnetto, dunque, approda nel capoluogo meneghino e disputa la sua unica presenza il 14 giugno 1931 in un Inter-Lazio terminato 3-2. Questa partita segnerà un record tuttora imbattuto: Ugo Magnetto infatti è l’unico calciatore sordomuto ad aver giocato almeno un match nella nostra massima competizione nazionale.
Un brutto infortunio limiterà la sua carriera professionistica a quella apparizione e già l’anno dopo tornerà nel capoluogo ligure ponentino dove rimarrà per sei stagioni, che lo incoronano ad idolo del tifo locale.
Nel 1938 riavvolge ancora il nastro del suo passato, indossando nuovamente la casacca bianconera dell’ ex Albingauna, che intanto ha cambiato il nome in Albenga (che poi è anche quello attuale);e qui chiuderà la carriera a 43 anni.
Nel 2011, la società sportiva del savonese, dovette ripartire dalla terza categoria, a seguito del fallimento, riprendendo il nome originale (Albingauna appunto) che però venne ricambiato dopo appena un anno. Ad oggi il club albenghese milita nella Prima Categoria ligure.

Intanto Magnetto a cavallo del ventennio tra il 1930 e il 1950, disputa 52 presenze nella “Nazionale dei Sordi” con la quale vince il bronzo nel ’49, nel Mondiale dedicato agli atleti affetti da tale handicap.
Le notizie, già piuttosto scarse, si perdono nel vortice del tempo: l’ala giocherà ancora qualche anno nelle squadrette locali a livello amatoriale, prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo.

La sua corsa nel tracciato della vita terminerà a 81 anni, il 25 agosto 1984 nell’amata Borghetto Santo Spirito.

Leggendo, in molti affermeranno che parliamo di un calcio diverso. Senza troppi soldi, con meno pretese e sicuramente più popolare. Tutto vero.
Ma quello che colpisce di quel periodo era che, tolti quei pochi eletti tra i quali Giuseppe Meazza per dirne uno, il mondo pallonaro significava ancora sacrificio. Una gloria domenicale tra gli applausi del proprio pubblico che si andava a mimetizzare nella viva quotidianità della settimana, dove era normale che un atleta portasse a casa il pane grazie anche ad altri lavori, che non fossero tirare calci ad un pallone.
Forse era ancora uno sport dove non importava chi eri o come eri; dove non contava esser sordomuti come Magnetto o, qualche anno dopo, zoppi come Garrincha. Quello che davvero piaceva (e che piace tutt’ora) era il divertimento, era la grinta, era arrivare prima sul pallone per aiutare la propria squadra a vincere.

Nello sport degli ultimi tempi soltanto Oscar Pistorius ha incarnato a pieno l’ idea che la determinazione fosse l’unica medicina per oltrepassare l’ostacolo, e la vera fatica stava nel cercare la fiducia nei propri mezzi.

E’ stato bello, in queste poche righe, citare una big del nostro calcio come l’Inter, per una volta, grazie al record di un proprio calciatore, che non fosse l’ ingaggio più alto o il tweet più lungo, ma semplicemente grazie a Ugo Magnetto, l’unico calciatore sordomuto ad aver giocato in Serie A.

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